Ho avuto la fortuna di partecipare (almeno parzialmente) a questa iniziativa che vi avevo segnalato qualche giorno fa, anche se per impegni personali ho potuto assistere soltanto alla prima tavola rotonda, senza purtroppo partecipare ai barcamp del pomeriggio.
Devo dire che la mia impressione è stata ottima. Il passaggio del testimone tra il primo gruppo di relatori (i padroni di casa, Pietro Leoni, Irina Imola, Mauro Ferri, rispettivamente dirigente, assessore e web content manager del Comune di Rimini) e il secondo (Claudio Forghieri, moderatore, Gianni Dominici, Stefano Epifani, Ernesto Belisario, Laura Sartori) ha reso bene quella che è la transizione che sta avvenendo. I promotori dell’incontro, ancora con un approccio tradizionale al web pubblico, ai suoi linguaggi, ma perfettamente consci di essere ad un punto di svolta, hanno lasciato la parola a relatori che hanno dispiegato una visione e un linguaggio nuovo. Sia chiaro che non si intende dare all’aggettivo “tradizionale” una connotazione negativa, va ricordato che solo il 18 ottobre scorso è stato messo online il portale dati.gov.it, la prima azione concreta della PA nel campo degli open data. Con la regione Emilia Romagna che, assieme a pochi altri, può essere ben considerata uno degli early adopters.
La transizione è ben descritta dall’oggetto della tavola rotonda cui ho assistito: “web e PA: dalle reti civiche ai social media”
Ormai tutte le amministrazioni pubbliche, a tutti i livelli, hanno un loro sito web. A causa dell’interesse crescente delle persone nei confronti dei social network, e per consentire e favorire l’esercizio della cittadinanza digitale, è necessario fare un passo in più.
I capisaldi della rivoluzione del Governo 2.0 sono due: il presidio (non la semplice presenza) nei social network, e la convinta adesione all’open data, “liberando” i dati pubblici e mettendoli a disposizione di cittadini e imprese. In breve, passare dall’informazione alla conversazione.
Non è più soltanto un problema di trasparenza, ma qualcosa che va oltre: attivare conversazioni e liberare dati possono favorire la creazione di user generated content, lo sviluppo dell’intelligenza collettiva e di reale valore pubblico. L’obiettivo delle pubbliche amministrazioni deve essere dunque quello di riconcepire il ruolo del sito web istituzionale.
Il fatto è che preseguire questo obiettivo pone sul campo una serie di problemi impegnativi, che ho provato a schematizzare ma che in realtà si sommano e si compenetrano:
I costi
I costi di accesso ai network sociali è praticamente nullo, ma gli amministratori non si devono illudere. Attivare conversazioni con i propri cittadini richiede organizzazione e preparazione. Nessuna innovazione reale si fa a costo zero, nessuna conversazione proficua può essere gestita dagli stagisti o con gli account di SNS che restano attivi giusto per il tempo della campagna elettorale (il dato esposto da Epifani è impressionante: il 78%)
Le competenze
Le competenze (skills) vanno analizzate sui due poli della comunicazione. Da una parte, l’età media della PA rimane alta e ciò non favorisce l’adozione di nuove tecnlogie. Saper utilizzare i SNS viene ancora vista come una competenza informatica, come se per aprire un libro fossero necessarie competenze tipografiche. Il grido di battaglia dovrebbe essere “Formazione, formazione, formazione” ma la formazione costa, e nei ranghi ridotti di alcune amministrazioni il costo della perdita di un’ora di produttività per un’ora di formazione è rilevante. L’idea può essere quella dell’autoformazione, oppure la creazione di una social media policy, sul solco di altre esperienze in tal senso (Department of Justice of Victoria, Australia).
L’altra faccia della medaglia è quella dei cittadini. Restano più che urgenti in Italia politiche di inclusione digitale, certamente sul lato delle infrastrutture ma soprattutto sul lato dell’alfabetizzazione (il digital divide, a differenza di quanto ci si aspetterebbe, non riguarda soltanto la componente più anziana della popolazione, questo quanto emerso nel corso della tavola rotonda)
Il paradigma
Il cambiamento nelle PA deve riguardare innanzitutto la forma mentis. Penso, tanto per fare un esempio, alle due ultime grosse campagne pubbliche, la PEC e il “Mettiamoci la faccia”. Trasparenza e valutazione sono elementi importanti, ma la loro applicazione è figlia di un modo “vecchio” di aprirsi ai cittadini. Lascio al lettore la ricerca delle critiche sulla PEC, dico solo che sostituire la raccomandata cartacea con quella elettronica sembra una rivoluzione a metà. Ha senso uno standard tutto italiano? E ancora: le famose faccine di Brunetta sono un tipo di feedback assolutamente limitato. Il denaro pubblico speso per i monitor touch screen che troviamo in molti sportelli pubblici non poteva essere utilizzato per progetti migliori?
La burocrazia
La P.A. non è snella, i livelli di responsabilità sono molti. L’ottica è ancora quella dell’emissione di un provvedimento (ottica importante, ma la PA moderna non può essere semplicementea una scatola nera con una istanza in ingresso e un provvedimento in uscita. Deve essere sempre più una rete di servizi, dove i cittadini contribuiscono al risultato. Sarebbe meraviglioso potenziare in senso social l’art. 11 della legge 241/1990 !
La resistenza
Molto semplicemente, davvero gli amministratori hanno voglia di mettersi in gioco? Comun-icare (mettere in comune cose) è faticoso, significa scoprire il fianco alle critiche, significa saperle gestire.
Il soggettivismo etico
Ai cittadini interessa davvero partecipare? Quanto ciò dipende dalla volontà reale di partecipazione stessa e quanto dall’usabilità della piattaforma per la comunicazione?
Insomma, di “carne al fuoco” ce n’è davvero tanta, ma spero, nell’estrema sintesi cui sono costretto, di avere dato qualche piccolissimo spunto di riflessione. Utilizzando la linkografia che vi propongo e con un bel giro per la Rete, potrete farvi un’idea della bellissima giornata di sabato. C’è una cosa che invece consiglio di fare di persona (Riminesi e non): una bella visita al Museo della Città, dove le dieci antenne wi-fi indoor (più le due esterne istallate nel 2010) assicurano una connessione stabile e veloce.
Concludo con la speranza che il Comune di Rimini, visto che il RiminiCamp del 3 dicembre ha coinciso con la Giornata Internazionale dell’open data , si adegui velocemente liberando quanti più dataset possibile. Spero inoltre che qualcun altro voglia segnalare qualche altro resoconto della giornata che copra la parte di evento che ahimè non ho potuto seguire.
Linkografia
# Il sito web del Comune di Rimini
# La pagina Facebook del Comune di Rimini
# L’account twitter del Comune di Rimini
# La timeline della discussione su twitter con hashtag #riminicamp2011
# Il vademecum per le PA sugli open data
# Le slides di Salvatore Romano (intervento della seconda tavola rotonda)